lunedì 26 novembre 2012

Intervento al XIV Congresso Nazionale Arcigay


Non è mio interesse approfondire, in questo intervento, una valutazione soggettiva sulle mozioni presentate al congresso. Siamo arrivati ad oggi dopo mesi di campagna congressuale, forse più che mesi, dove bene abbiamo visto cristallizzarsi interessi particolari e schieramenti fortemente ideologizzati. Non è mio interesse parlare di quello che abbiamo alle spalle, ma solo quello che abbiamo di fronte. Domani scioglieremo definitivamente quest'assise, e voglio tornare al mio comitato con un'unica notizia: non chi sia diventato presidente, non chi abbia vinto il congresso o quali ordini del giorno sono passati, quanto piuttosto che qui, oggi, si è dato l'inizio a qualcosa di nuovo all'interno del panorama associativo italiano. Voglio poter tornare a casa sereno di un dibattito e di un confronto che partano da un assunto fondamentale. Arcigay non è e non sarà più un obiettivo a cui tendere, ma uno strumento da utilizzare. Sono anni che continuo a ripeterlo, che la nostra associazione è un mezzo, non il fine. Il fine sta fuori da questa sede, il nemico, se così vogliamo intenderlo, non siede tra noi. 

Qui vedo solo i volti di amici e amiche che hanno condiviso un obiettivo: lottare per il raggiungimento di una società ideale. Possiamo chiamarlo anche sogno, se non vogliamo definirlo obiettivo, purchè sia chiaro e netto il nostro sentito: questo sogno non può più aspettare, e la sua realizzazione deve essere immediata. La politica ci ha risposto in questi anni, e anche recentemente, che siamo come bambini, che strillano e si lamentano perchè vogliono tutto e subito. Ma la politica non si ricorda che non siamo nati dieci anni fa. La storia del movimento moderno in Italia inizia a Torino negli anni settanta, e ancora prima negli scritti di Aldo Mieli e di Del Boca, e ancora prima in Europa e in Italia negli scritti di Karl Heinrich Ulrichs o nel lavoro di ricerca di Magnus Hirschfeld, e ancora prima, negli occhi di chi viveva nascosto e in silenzio il dolore della diversità, non osando nemmeno pronunciare la parola "Libertà". 

Noi abbiamo il sogno di togliere dagli occhi delle donne e degli uomini di questo paese il dolore d'essere diversi, e accendere in loro il giusto orgoglio della propria diversità. Non l'orgoglio malmostoso di chi si sente ferito e perseguitato, ma l'orgoglio sereno di chi acquisisce una consapevolezza e una forza che deriva dal compiere quell'antica massima socratica: Conosci te stesso.

Noi, qui, oggi, riconosciamo noi stessi e noi stesse come compagne e compagni in questo viaggio. Noi, qui, oggi, respingiamo ogni forma di divisione e frammentazione. Arcigay è e sarà uno strumento costruito per la realizzazione degli obiettivi. Possiamo dissentire sulle modalidà scelte, sui passi fatti o quelli da fare, sulle strade intraprese o abbandonate. Possiamo dissentire su molte cose, ma non sul fatto che ogni scelta, ogni decisione, ogni sforzo compiuto sia destinato ad un obiettivo condiviso.

Non voglio qui nemmeno fare argomentazione circa quali siano gli obiettivi che ci uniscono. Li conosciamo tutte e tutti, li abbiamo scritti nei documenti dei Pride, e almeno dal 2007 in poi non sono cambiati. Piena uguaglianza formale e sostanziale, sul piano dei diritti come su quello del riconoscimento sociale, passaggio dalla cultura dell'intolleranza non tanto a quella della tolleranza nè a quella del rispetto, ma a quella della valorizzazione delle differenze individuali e collettive, azioni di contrasto normate per legge ad ogni forma di violenza, fisica, verbale e istituzionale, eliminazione di ogni situazione e forma di discriminazione, costruzione di una maggiore tutela della salute e del benessere pisco fisico delle persone lgbt e non solo. Le nostre parole d'ordine sono gli slogan dei nostri Pride "Parità senza compromessi", "Parità, Dignità, Laicità" "Vogliamo Tutto", e i titoli delle nostre mozioni "Uguaglianza e libertà" e "Liberiamo l'equaglianza".

Tanto è il lavoro che ci attende, e voglio tornare a casa con una notizia. Che qui, oggi, costruiamo una nuova parola d'ordine. Insieme, vinciamo.

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