martedì 3 gennaio 2012

Sulla de-regolamentazione degli orari negozi

Ieri mattina ho letto stamattina la notizia sulla possibilità di de-regolamentare gli orari di apertura e chiusura dei negozio e centri commerciali e sono rimasto a bocca aperta.

Ho lavorato per quasi 7 anni in un centro commerciale, aperto la domenica e festivi. Non c'era rappresentanza sindacale, e per quanto i rapporti umani tra i colleghi e responsabili fossero squisiti, era un incubo di orari e di richieste da parte dei dirigenti.

Ogni anno saltava un giorno festivo (un anno pasquetta, l'anno dopo il 2 giugno, poi  l'otto dicembre, poi il ventisei dicembre) che diventava un giorno lavorativo perchè "bisognava raggiungere la cifra" e un giorno in più di incassi riusciva a compensare la costante perdita (a partire dal 2007) dovuta all'inizio della crisi. 

A questo vanno aggiunti degli orari impossibili (ho visto colleghi che lavoravano fino a 20 giorni di seguito senza interruzioni, facendo anche straordinario per più ore al giorno, saltando poi il recupero e facendoselo pagare come giorno normale senza maggiorazioni).

A questo vanno agguinte le domeniche, che occorreva fare almeno 2 su 3 come disponibilità normale, a cui ovviamente andavano aggiunti gli straordinari (ovviamente "richiesti" e "accettati" praticamente sempre). 

Nei supermercati, sopratutto quelli piccoli con meno di 30/40 dipendenti, si viene a creare molto un clima di "grande famiglia". Passando praticamente la vita lì dentro, le persone si legano molto, al punto che anche le uscite o la vita fuori dal magazzino sono correlate con il lavoro o con i colleghi. Insomma, dopo qualche tempo non si distingue più molto tra vita privata e vita lavorativa. E a questo punto, fare ore in più di straordinario, saltare le ferie o i giorni di riposo, accettare di fare tutte le domeniche dell'anno in cambio di un "grazie, ne abbiamo bisogno" diventa più che ordinario. Diventa routine. 

Per questo mi aspetto che la CGIL, di cui sono fiero RSU, prenda fortemente posizione contro questa mossa del governo. Altrimenti temo che molte persone sacrificheranno molto per permettere ad altri (pochi) di consumare comodamente (e questo senza aprire parentesi sul significato consumistico che questa deregulation comporta, quasi che fosse ricetta contro la crisi acquire i consumi di massa di beni).

Vorrei sentire inoltre il parere dei piccoli commercianti, che si vedranno costretti a questo punto ad aprire ben oltre gli orari abituali, vista la spietata concorrenza che verrà imposta dalle grandi catene commerciali che potranno (Wal Mart docet) tenere aperto a qualunque ora (forse anche la notte), basandosi su un semplice calcolo di introiti - spese. Ma il commerciante sarà solo, forse coadiuvato da qualcuno in famiglia, mentre in un centro commerciale i turni suppliranno, come in fabbrica, al ricambio continuo di persone. Mi domando quante ore dovrà restare aperto il piccolo negozio, per riuscire a sopravvivere, per non perdere quei clienti che hanno scelto la loro comodità come misura del proprio benessere.

Chiudo dicendo che questa crisi ci pone davanti ad una scelta: ritrovare una visione di benessere collettivo, dove il mio benessere è direttamente proporzionale a quello di tutti gli altri (e da esso dipende) o acuire la corsa al benessere individuale a scapito di quello altrui. 

Spero riusciremo a scegliere saggiamente.