giovedì 8 novembre 2012

Due Pesi due misure


+ Barack Obama vince le elezioni americane. Negli stati di Washington e Maine vengono approvati i matrimoni gay tramite il referendum. In Minnesota sempre un referendum respinge l’iscrizione di vietare il matrimonio gay nella costituzione, altrove viene legalizzata la marjuiana per fini ricreativi, in California viene reso obbligatorio il preservativo nei film porno e si conferma in Florida la copertura sanitaria per l’aborto.
+ Hollande licenzia in consiglio dei ministri il testo della legge sul matrimonio aperto a tutt* e sull’adozione. Le polemiche non finiscono, ma passano ora in Parlamento, dove il testo sarà discusso in aula a partire dal gennaio prossimo. L’approvazione definitiva, in ogni caso, appare scontata, dato che i socialisti del premier Jean-Marc Ayrault e del presidente François Hollande dispongono della maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale.
 - Italia – Firenze, due ragazzi pestati perchè si baciavano pochi giorni fa.
- Italia – Roma, bocciata nuovamente in commissione la proposta di legge per inserire l’omofobia nei reati coperti dalla legge Mancino per i voti congiunti di UDC, PDL e LEGA.
Se posso permettermi una riflessione, la inizio ammettendo che l’altra sera, crollato davanti al TV mentre arrivavano i primi dati pro Romney, ho avuto paura, un sentore irrazionale di essere in pericolo. Paura che ancora una volta l’America, l’umanità, il mondo reagisse come sempre fa nei momenti di “disordine e stress”, ovvero ripiegarsi su sè stessa.
In molti momenti storici, quando vi erano problemi economici, strutturali, di incertezza nel futuro, la scelta di “restaurare”, un ritorno a valori anche fuori dal tempo ma visti come “base solida e sicura”, la richiesta di un uomo forte e autoritario hanno sempre segnato le scelte della società. Basti pensare alla salita al potere di Mussolini o Hitler, oppure ai periodi di forte Restaurazione.
Obama ha invece deviato nel cambiamento la road-map. Forse ieri, tra i vari politologi accorsi a chiacchierare in tv, chi ha detto che questo sarebbe stato un voto “ragionato” e non di pancia (come nel 2008) aveva più ragione di altri. Se è stato davvero un voto ragionato, questo vuol dire che c’è è stato un passo avanti, che davanti all’incertezza una nazione ha scelto di proseguire una strada ancora non sicura ma che racchiudeva in sè un principio di trasformazione (basta vedere i vari referendum).
Penso che questo, se concretizzato, sarà un punto di svolta di importanza enorme. Non credo sia un caso che stamattina Hollande abbia licenziato la legge per i matrimoni, nè i recenti casi di omofobia tra cui quello di Firenze: il cambiamento porta con sè sia la fluidità di entrare in esso e farne parte, sia la cristallizzazione dei comportamenti che vogliono essere opposti.
Ma sopra tutto questo c’è un dato, forse il più importante che ha segnato le elezioni americane: i bianchi repubblicani protestanti, coloro che detenevano il potere e la maggioranza demografica, coloro che fermavano, nel loro più o meno rigido conservatorismo, buona parte della volontà di evoluzione, ormai non sono più la maggioranza, e sono stati superati nelle urne dalle minoranze: donne, neri, ispanici, gay. Se fossero riusciti a vincere stavolta probabilmente avrebbero tardato ancora di qualche anno la nascita di quel qualcosa di nuovo che tutt* aspettiamo. Ma non hanno vinto, ed è arrivato a mio avviso il momento giusto per tornare a sperare in una società diversa.
Certamente, occorrerà iniziare a lavorare. Come in America e nel resto del mondo anche in Italia il movimento LGBT deve costruirsi come alleato con altre minoranze, dalle donne ai migranti, dagli studenti ai lavoratori. Occorre portare le nostre istanze nel cuore delle persone, renderle edotte che il sostegno ad una richiesta di parità e diritti non è una questione morale, ma una questone di “giustizia ed equità”. Allo stesso momento occorre ripensare nuovamente al ns stare assieme nell’idea di uno stato sociale: il principio stesso di Stato di Diritto si basa su un silenzioso patto tra i cittadini che rinunciano a parte del proprio potere e della propria autonomia per creare una realtà più forte di tutto che agisca su principi di equità e benessere sociale.
Approfittare di questa crisi per riscoprire la volontà di stare assieme, come associazione ma sopratutto come persone, potrebbe aprire una nuova stagione di battaglie e salti in avanti, avvicinandoci sempre di più a quella società disegnata nelle nostre speranze, società più aperta e diversa, dove non trova spazio il pensiero unico quanto la somma di pensieri, dove le differenze vengono valorizzate, dove i valori espressi dalle minoranze elaborati sulla base di percorsi differenziati abbiano lo stesso peso e influenza dei valori classici espressi da gruppi di pensiero o gruppi religiosi (o forse qualcosa di più che lo stesso peso).
Passata la paura, resta la speranza. E per dirla con Obama, “the best is yet to come“.
Marco Giusta

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